“A modo tuo”: storia di crescita dei figli… e dei loro genitori.

Sono molti i cantanti che, appena diventati genitori, hanno messo in musica e parole emozioni e pensieri dedicando una canzone al proprio figlio. Ligabue è uno di questi: ha composto “A modo tuo”, chiedendo poi a Elisa di interpretarla poiché voleva sentirla cantata da una mamma.

Io ritengo che questo sia uno di quei brani incantabili perché ti commuovi dopo le prime righe e non riesci ad andare avanti”, ha commentato Elisa in riferimento a questa canzone. “Come mamma lo senti molto, quando descrive bene il difficile ruolo del genitore che cresce i propri figli: vorrebbe proteggerli tutta la vita e tenerli lontani dal dolore e dai problemi, ma in fondo sa bene che dovrà lasciarli andare per la loro strada un giorno.

Il processo di crescita, nella quotidianità, si traduce nelle piccole o grandi sfide pratiche da affrontare: prendersi cura, strutturare una routine, dare regole, decidere cosa si può o non si può fare, seguire il percorso scolastico, mediare nelle relazioni con i coetanei dei figli e con i loro genitori, confrontandosi con realtà e stili diversi, occuparsi della salute, organizzare momenti ludici e molto altro.

Il modo in cui un genitore affronta le sfide quotidiane della relazione con un figlio dipende da molti elementi, uno dei quali, come nel testo di Ligabue, risulta essere di grande importanza: crescere un figlio significa insegnargli a muoversi in autonomia nella vita e questo implica a sua volta anche accettare che il rapporto cambi e che un figlio, con il passare del tempo, richiederà sempre meno la presenza del genitore, vorrà sempre più fare da sé e sperimentarsi. A livello emotivo, questo può generare ambivalenza, attivando vissuti anche molto intensi e toccando nel profondo. Da un lato ci sono l’orgoglio e la felicità nel sentirsi genitori competenti e nel vedere che un figlio raggiunge nuovi traguardi anche grazie al contributo genitoriale, da quando muove i primi passi, impara a mangiare e vestirsi da solo, per poi iniziare il proprio cammino all’asilo nido o alla scuola dell’infanzia, intrecciando nuove relazioni significative, imparando cose nuove, e così via, giorno dopo giorno. Dall’altro lato possono emergere vissuti legati al tema dell’allontanamento e della separazione: preoccupazione, timore che un figlio non sia ancora “pronto”, paura per i pericoli del mondo esterno, consapevolezza di non poter sempre avere il controllo su tutto e di non poter proteggere sempre, sentimenti di perdita e di abbandono, sensazione che il figlio non abbia più bisogno del genitore.

Il modo in cui ognuno maneggia queste due facce della stessa medaglia ha a che fare anche con la sua storia personale e familiare, nel corso della quale ha imparato come affrontare le separazioni e che significato dare loro.

Agli estremi di un continuum si possono verificare le seguenti reazioni contrapposte:

  1. Stile genitoriale che incoraggia prevalentemente l’autonomia a discapito della vicinanza. In questi casi la vicinanza e l’avere bisogno sono vissuti come dipendenza ad accezione negativa. I genitori possono ad esempio trasmettere, in modo esplicito o implicito, il messaggio che avere bisogno e dipendere siano una debolezza oppure possono reagire con esasperazione a richieste di vicinanza e di aiuto inducendo il figlio a interiorizzare l’idea che siano più desiderabili l’autonomia e l’indipendenza.
  2. Stile genitoriale che incoraggia prevalentemente la vicinanza e la dipendenza a discapito della differenziazione e dell’autonomia. In questo caso il mondo può essere visto come pericoloso, così come può essere trasmessa al figlio l’idea di non essere pronto o capace per fare da solo o, ancora, che non possa essere diverso da ciò che vorrebbero i genitori perché essere diversi significa per loro distacco e, quindi, perdita. I passi verso la scoperta di sé da parte del figlio possono costituire per i genitore un campanello di allarme che attiva i vissuti legati al tema della separazione.

La strada più funzionale non è necessariamente quella nel mezzo, bensì una flessibilità in base alle situazioni. Ci sono momenti in cui un figlio ha bisogno di potersi affidare e di poter sperimentare maggiormente una dipendenza sana che costituisca un trampolino di lancio e momenti in cui ha bisogno di essere incoraggiato e di muoversi con più autonomia, camminando, cadendo, alzandosi, cercando da solo quello che sarà… “a modo suo”.

L’obiettivo della crescita, più che l’indipendenza, è quindi la differenziazione, ovvero la capacità di stare in un legame con la propria identità e la propria unicità, costruite e scoperte nel corso della crescita e della vita, ma anche con le proprie origini.

Compito dei genitori è quindi quello di affiancare un figlio nel suo cammino, nelle difficoltà e nella ripresa, trasmettendogli radici e rispettando allo stesso tempo la sua individualità, anche guardandola con curiosità e liberi da aspettative che non gli appartengono.

È importante riconoscere, a questo punto, che quello del genitore non è un compito facile, soprattutto perché è un ruolo ogni volta nuovo, che si assume nel momento in cui il desiderio di un figlio si concretizza e che si impara giorno dopo giorno. A volte ci si orienta con la bussola, consapevole o meno, della propria storia personale e familiare, a volte si improvvisa “fingendo di saperne di più” e crescendo insieme al proprio figlio.

Se potessi però aggiungere un tema a questo brano, penserei senz’altro al vissuto dei figli: nel testo viene evidenziata la bellezza della scoperta e la gioia di un figlio nel percorrere il proprio cammino (“e continui a ridere”), mentre il genitore lo guarda da dietro. Penso sia fondamentale, anche per un genitore, riconoscere e sapere che la difficoltà non è solo sua, che un figlio non va avanti nel proprio cammino senza mai guardarsi indietro, non c’è solo la voglia di crescere, di sperimentarsi e scoprirsi e di fare da solo. I figli stessi vivono in prima persona, in modo più o meno consapevole, il tema della separazione. Combattono con l’ambivalenza tra separazione e individuazione, soprattutto nell’adolescenza. E possono sentirsi insicuri o fragili. Per questo è importante che si sentano supportati, incoraggiati e apprezzati dai genitori, ma soprattutto visti, riconosciuti e accolti nei propri bisogni profondi (che vanno distinti dalle richieste esplicite nella quotidianità, a volte superficiali, su cui si discute e ci si confronta: bisogna andare oltre e provare a comprendere cosa ci sia dietro).

Per concludere, ritengo infine che “A modo tuo”, canzone che parla al cuore dei genitori, sia allo stesso tempo una canzone anche per i figli: ogni figlio, nella reciprocità della relazione, dovrebbe leggerla e ascoltarla. Perché fa bene mettersi nei panni degli altri, perché fa bene provare a comprendere il punto di vista di chi, a volte, si fa fatica a capire o a sua volta sembra non capire. E, ancora, fa bene realizzare che, in un processo di crescita e di cambiamento, tutte le parti coinvolte sono alle prese con i propri vissuti e con le proprie fragilità. È fondamentale quindi aprire una comunicazione, piuttosto che chiuderla, eventualmente con un aiuto esterno.

Quando può essere necessario, o comunque utile, l’aiuto di un professionista?

Quando rigidità o paure profonde non consentono una flessibilità nell’orientarsi, nel distinguere la propria storia dalla situazione presente e nel rispettare l’individualità di un figlio, generando sofferenza in uno o più componenti della famiglia, se non in tutti.

Un aiuto esterno può portare alla luce modalità relazionali e di funzionamento personale che non permettono di entrare in contatto con i propri vissuti e bisogni né di ascoltare liberamente quelli dell’altro e di comunicare in modo funzionale.

L’aiuto può essere volto a risolvere una condizione cronica della relazione e del sistema familiare oppure a superare una fase critica del ciclo di vita: ci sono infatti momenti specifici di transizione, ovvero di passaggio da una fase all’altra, quali ad esempio lo svezzamento, l’inizio della scuola, l’adolescenza, che sono più delicati e soggetti a crisi, anche se l’effetto che questi possono avere va poi valutato in relazione ai temi familiari irrisolti, alla qualità della coppia genitoriale, alle caratteristiche di personalità del singolo, all’ambiente socio-culturale e ad altre variabili da approfondire durante un eventuale percorso di aiuto.

Bibliografia

McGoldrick M., Heiman H., Carter B. (1993), “I mutamenti nel ciclo di vita della famiglia: una prospettiva sulla normalità”, in Walsh F. (a cura di, 1995), Ciclo vitale e dinamiche familiari. Tra ricerca e pratica clinica, Franco Angeli, Milano.

Discografia

Elisa (2014), “A Modo Tuo”, musica e testo di Luciano Ligabue